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L’Eterno è stato il mio aiuto

Questa testimonianza è tratta dal libro autobiografico di Emanuele Comune: «Specchio dell’anima e diario di un alpinista», scritto nel 1986. Emanuele desiderava che attraverso il suo racconto i lettori potessero capire come la fede in Gesù Cristo trasforma radicalmente la vita.
In realtà, all’inizio, fu la fede ferma della sua mamma a sostenerlo e incoraggiarlo.
«Così ho conosciuto l’Eterno che è stato il mio aiuto… e che grande aiuto!»

Emanuele nacque il 18 agosto del 1945 a Castagnole delle Lanze (AT). Crebbe nella città di Torino, nel secondo dopoguerra. Era terzo di cinque figli. Il padre era operaio alla Lancia e la madre, pellicciaia. La famiglia, di fede evangelica, diede a Emanuele la possibilità di crescere con insegnamenti cristiani ma, pian piano lui si allontanò da quei principi. All’età di 15 anni iniziò come apprendista il lavoro di pellicciaio. Questo lo portò, in seguito, ad aprire un laboratorio di pellicceria a Torino: un’attività ben avviata che gli garantì un guadagno sicuro in una città che stava crescendo economicamente.
Ma la grande passione di Emanuele era la montagna. Era un esperto alpinista e anche pilota
di elicotteri. Aveva un carattere temerario e sicuro di sé e visse la sua giovinezza con forza e determinazione. Emanuele descrive così quel periodo della sua vita: «Davanti agli uomini ero un giovane-modello, ma davanti all’Eterno ero un ribelle che non ubbidiva ai suoi comandamenti. La preghiera di mia mamma era quella di fermarmi perché mi ero allontanato da Dio e avevo abbracciato il mondo e i suoi piaceri.»

Un giorno, un tragico incidente cambiò completamente la sua vita. Era il 27 giugno del 1971.
Emanuele aveva 26 anni. Durante una scalata sul Gran Paradiso (Locana, Torino), Emanuele era istruttore capo-cordata e si trovava in vetta insieme ad altri colleghi alpinisti. Mentre
recuperava la corda alla quale era legato un allievo che stava terminando la scalata, gli amici lo videro precipitare nel vuoto: una caduta di 50 metri terminata solo con la fine della corda. I
compagni lo riportarono in vetta, ma Emanuele non era più cosciente. Il soccorso alpino riuscì a
trasportarlo nell’ospedale di Cuorgnè solo il giorno successivo, perché le condizioni meteorologiche (neve e forte vento) avevano impedito all’elicottero di raggiungerlo. Emanuele ormai era in fin di vita.

Così parla del suo incidente: «Avrei dovuto aumentare la prudenza e la sicurezza, ad
esempio piantando un chiodo sul piano della vetta per autoassicurarmi. Invece non feci
niente di tutto ciò… Tutto l’accaduto l’ho ricostruito basandomi solo su quanto mi hanno detto i
testimoni, perché in conseguenza al trauma cranico avuto, non ricordo né questo episodio,
né tanti altri racchiusi nell’arco di circa tre anni prima dell’incidente».

All’ospedale la mamma di Emanuele apprese la tragica notizia. Inoltre i medici non le avevano dato nessuna speranza. Pregando Dio con lacrime, suppliche e cuore amareggiato, la sua mamma ricevette da Dio una promessa, alla quale credette. La risposta le fu data leggendo un versetto della Bibbia: «Io ho visto le sue vie e lo guarirò; lo guiderò e ridarò le mie consolazioni a lui e a quelli dei suoi che sono afflitti. Io metterò la lode sulle sue labbra». Profeta Isaia 57:18-19

Dopo quattro mesi e mezzo di coma Emanuele si risvegliò. Il trauma subìto gli aveva provocato una disabilità permanente. Gli anni seguenti furono caratterizzati da una riabilitazione continua per recuperare il movimento e il linguaggio. Con l’aiuto di Dio e la propria determinazione riprese a camminare e acquistò una parziale autonomia.
«Anno dopo anno ho constatato come Dio continuava a mantenere la sua promessa. Sono guarito da tutti i dolori causati dall’incidente e dai vari interventi chirurgici. Ed ora ho bisogno del suo aiuto per avere volontà e costanza per la riabilitazione».

Emanuele riconobbe in Dio l’autore della sua salvezza fisica e spirituale:
«Ecco ciò che mi ha aiutato molto ad accettare la mia invalidità e a perseverare nella
rieducazione: sui monti ho conosciuto Dio tramite la grande salvezza in seguito all’incidente.
Ogni giorno sento aumentare sempre di più la riconoscenza e il mio amore verso Dio».

Nel 1974 Emanuele testimoniò pubblicamente, attraverso il battesimo, di aver creduto nel Signore Gesù Cristo come suo personale Salvatore.
«Ho fiducia che quest’opera buona in me iniziata nel 1971, Dio la porterà a compimento. È
stupendo vivere su questa terra, avendo ogni giorno l’aiuto del Signore. Al mattino, quando scendo dal letto, invece di mettermi in piedi, mi inginocchio per ringraziarlo della grande salvezza avuta sui monti».

Riabilitazione fisica e lettura della Bibbia diventarono una costante nella vita di Emanuele, come pure la continua lotta per mantenere e recuperare le abilità perse con l’incidente e la crescita perseverante nella vita cristiana.
«Avevo provato a svolgere nuovamente il mio lavoro da pellicciaio. Mi convinsi, però, che per vivere con questa disabilità dovevo lasciare il mio precedente lavoro per dedicarmi ad una nuova mansione da impiegato, anche se non mi piaceva».
Nel 1980 venne assunto dall’Aeritalia come impiegato con invalidità del 90%, e gli venne assegnato un lavoro d’ufficio.
Nella sua camera da letto Emanuele teneva appese al muro 12 foto incorniciate “simboliche” che ripercorrevano la sua vita. Gli ricordavano quanto bene aveva ricevuto sui monti e da Dio e illustravano la sua breve (7 anni) ma intensa ed esuberante vita alpinistica, l’intervento del soccorso alpino il giorno dell’incidente e il «ritorno» alla nuova vita. Una personale esposizione fotografica che non gli serviva per vantarsi o rimpiangere la perduta prestanza fisica, ma per trarre da essa la forza, lo stimolo e il coraggio necessari a perseverare nella sua lotta.
«Grazie a Dio che sostiene tutti quelli che cadono!» Salmo 145:14
Quale meravigliosa palestra di vita sono stati la montagna e l’alpinismo per Emanuele, sia
fisicamente che spiritualmente. Hanno forgiato il suo carattere.

Conoscendolo si rimaneva colpiti dalla serenità, dall’allegrezza e dalla sua grande fede, aveva capito che Dio lo aveva lasciato in vita perché imparasse a vivere riconoscendo nel Signore il proprio Creatore e vero Padre e in Gesù Colui che lo rendeva gradito a Dio. Affermava che era Gesù ad aiutarlo a portare il giogo dell’invalidità perché gli ricordava: «Imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo». Vangelo di Matteo 11:29
Desiderava testimoniarlo, quasi gridando: «E questo lo devono sapere tutti, chi mi dà la serenità, la pace interiore, la costanza e la perseveranza, con l’allegrezza nel cuore. Ecco il giogo, che porto serenamente, ma con Cristo, della mia invalidità! E poi con Cristo tutto è bello; e ancor più bello perché Cristo è ora per me, tutto, veramente tutto!»

Emanuele si riteneva «uno che aveva ricevuto tanto» e altrettanto si sentiva in dovere di rendere, testimoniando con la sua vita e il suo atteggiamento. Spesso citava Luca 12:48 «A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà».
Che parole meravigliose, dette da un uomo che ha visto sfumare le proprie potenzialità, i propri sogni e le proprie ambizioni a soli 26 anni! Nonostante questa grandissima prova che lo ha privato della spensieratezza e della possibilità di una vita confortevole, egli ha testimoniato di aver ricevuto qualcosa di tanto più grande da non eguagliare neanche lontanamente ciò che aveva prima.

«Io sono colui che Dio ha graziato e acquistato sui monti. Ora la Parola di Dio è tutto per me: vivere per morire e morire per vivere».

Il cammino di Emanuele su questa terra è terminato il 25 novembre del 2020, all’età di 75 anni. Anche negli ultimi momenti della sua vita, durante la sofferenza fisica, le sue parole sono state: «Non più io, ma Cristo in me».

Ora Emanuele è alla presenza di Dio e gode completamente di quella grande salvezza avuta sui monti.

Le fotografie:
1) Emanuele in vetta ad una montagna
2) Emanuele durante un allenamento a Pinerolo
3) Emanuele e sua mamma Tersilla